Marzo 2017
Fin dalle prime righe ci teniamo ad avvi-
sare chi intende intraprendere questa
lettura che non si tratta né di una lezione
né di una spiegazione da parte di qualcuno
che “sa” nei confronti di qualcuno che “non
sa”; queste modalità di approccio non ci
interessano e non ci appartengono.
Questo breve opuscolo è, o prova ad essere,
un ragionamento intorno al significato che,
dal nostro punto di vista, assume oggi la
parola “vandalismo”. Non siamo artisti, non
siamo street artists, non siamo politicanti né
membri di una pseudo-associazione cittadinista dedita al recupero dei quartieri: non siamo nulla di tutto ciò. Siamo ragazzi come tanti altri: giovani che la sera vivono le strade e i parchetti spesso in compagnia di qualche bomboletta; non siamo dunque qui per convincere nessuno della nostra opinione, sentiamo semplicemente il bisogno di prendere una
posizione, di schierarci e di farlo in maniera chiara e netta. Veniamo dalle strade e nelle strade viviamo la maggior parte del nostro tempo, è innegabile dunque che in questi anni qualcosa stia cambiando, il concetto stesso di vandalismo sta mutando come anche i suoi attori.
Tra le righe
dei giornali, all’interno dei musei e sulle bocche di chi spesso non ha mai preso in mano uno spray notiamo una sempre più frequente insensata distinzione tra “writer cattivi” (per intenderci chiunque scriva su un muro senza chiedere il permesso al burocrate di turno) e “writer buoni” (chi invece scrive sui muri per una non ben precisata “riqualificazione dei
quartieri”); nello stesso tempo se da una parte le istituzioni sembrano volersi aprire alle più comuni espressioni di strada (un piccolo esempio sono i tentativi di lasciare qualche muro libero in più), dall’altra assistiamo ad un sempre maggiore inasprimento delle leggi di sicurezza volte a limitare la libertà d’agire di chi sui muri ci scrive senza bisogno del
permesso da parte di qualcuno. A questo punto sorge spontaneo domandarsi
in che cosa si stia trasformando il vandalismo, o meglio, in che cosa qualcuno vorrebbe trasformarlo, e, di conseguenza, che cosa stia guadagnando e che cosa invece stia perdendo. Dal nostro punto di vista i guadagni sono minimi se non nulli, le perdite immense. Questo stampato si prefigge l’obbiettivo di parlare di queste perdite, analizzarle e dunque
creare un momento di riflessione che possa scaturire in una riappropriazione del significato che, secondo noi, porta con sé il termine
“vandalismo”, togliendolo dalle mani di chi cerca di snaturarlo strappandolo dal suo luogo nativo: la strada. Il vandalismo, per come è nato, non ha bisogno dell’autorizzazione di nessuno, come non ha bisogno né di musei né di critici d’arte, il vandalismo è vedere la propria tag sul muro
vicino a casa, passare la notte ai bordi della ferrovia per lasciare la propria firma sopra un treno, il vandalismo rifiuta la legge come anche la polizia partendo dall’autorganizzazione in gruppo, con i propri fratelli. Se dunque sei arrivato fino a questo punto credo non ti dispiacerà continuare a leggere
queste brevi pagine, buona lettura.
Siamo vandali, non artisti !
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VANDALI